Per la Cassazione le fotografie non bastano per dedurre la sponsorizzazione.
Qualora il Fisco contesti l’inesistenza della sponsorizzazione, i cui costi sono stati dedotti dal contribuente, a quest’ultimo non basta opporre la dimostrazione dei pagamenti e l’allegazione delle fotografie dell’evento sponsorizzato per contrastare la contestazione dell’Erario. Lo ha stabilito la Suprema Corte, con l’ordinanza 29707/2019. Secondo il costante orientamento di legittimità, nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero che sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’Iva e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari; a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate: tale ultima prova non può, tuttavia, consistere nell’esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (da ultimo, Cassazione 6865/2019). Sulla base di tali principi, qualche tempo fa i giudici di merito avevano stabilito che, ai fini della prova di cui il Fisco è onerato, è necessario che vengano forniti precisi elementi di prova, o quantomeno indizi precisi e concordanti, che possano chiarire se vi sia stata sovrafatturazione e in che quantità; all’assenza di tali elementi indiziari o probatori dell’Ufficio non può supplire il richiamo a verifiche e a dichiarazioni formulate nel corso di accertamenti verso altre società clienti di quella che avrebbe reso le prestazioni, e la mancanza di elementi gravi, precisi e concordanti rende l’avviso di accertamento illegittimo (Ctr Venezia, sentenza 35/3/18 del 10 gennaio 2018). In merito alla prova contraria di cui è gravato il contribuente, invece, altri giudici di merito hanno recentemente stabilito che, qualora l’Ufficio contesti l’inesistenza delle sponsorizzazioni, con conseguente recupero a tassazione delle relative spese dedotte, il contribuente può validamente dimostrare l’esistenza delle operazioni e la legittimità della deduzione attraverso l’esibizione dei contratti di sponsorizzazione, delle fotografie e degli articoli della stampa specializzata attestanti la sponsorizzazione, dei bonifici di pagamento e della regolare documentazione contabile, atteso che tali elementi sono sufficienti a provare la concreta effettuazione delle prestazioni di sponsorizzazione richieste (Ctr Bologna, sentenza 627/01/19 del 28 marzo 2019). Non pare essere, però, dello stesso avviso la Cassazione, che, con la sentenza qui commentata, ha bocciato la decisione dei giudici di merito a favore della società sponsor, in quanto basata su elementi totalmente privi di valenza presuntiva, quali i documenti bancari attestanti il versamento del corrispettivo in denaro dell’operazione, inoltre richiamando genericamente le riproduzioni fotografiche dell’evento sponsorizzato, senza individuarne il contenuto e specificarne il contesto e la collocazione spazio temporale, tralasciando invece di considerare la genericità del contenuto dei contratti di sponsorizzazione stipulati e la presenza di precedenti sentenze emesse contro la associazione sportiva dilettantistica sponsorizzata, concernenti la violazione degli obblighi dichiarativi e l’emissione di fatture false per altre sponsorizzazioni. Per maggiori interpretazioni e informazioni: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Fonte: Alessandro Borgoglio - Il sole 24 ore |