Le imprese agricole possono produrre energia elettrica in quanto si tratta di attività connessa, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, che però richiede il rispetto del principio della prevalenza. L'agenzia delle Entrate, con la circolare n. 32/E del 6 luglio 2009 ha indicato i criteri per determinare la prevalenza dei prodotti propri, ottenuti dall'azienda, rispetto a quelli acquistati e utilizzati per la produzione di energia. L'articolo 1, comma 423, legge n. 266/2005 dispone, fra l'altro, che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, effettuata dagli imprenditori agricoli, costituisce attività connessa ai sensi dell'articolo 2135 e rientra nel reddito agrario. La norma prevede quattro tipologie di energia da fonti rinnovabili che si possono ottenere in agricoltura: energia elettrica; energia calorica; carburanti; prodotti chimici. L'energia elettrica e quella calorica possono essere ottenute da risorse agroforestali oppure fotovoltaiche; le produzioni agricola e zootecnica necessarie sia per la fabbricazione di energia elettrica e calorica, sia per il biodiesel e per i prodotti chimici, devono essere ottenute prevalentemente dall'azienda agricola. Non rientrano nel settore agricolo le produzioni fonti eoliche o idriche. La prevalenza La circolare n. 32/2009 ricorda che la produzione di energia rientra in agricoltura a condizione che l'impresa agricola produca direttamente più del 50% delle risorse agroforestali necessarie per la produzione del biogas, che a sua volta alimenta l'impianto di produzione di energia elettrica. Con riferimento alla produzione di energia elettrica con risorse agroforestali (foraggi, cereali, residui zootecnici, eccetera) l'Agenzia non chiarisce se la natura delle biomasse come indicata nella circolare, debba riguardare l'intera produzione (di cui almeno il 51% prodotto ed il 49% acquistato), oppure fatta salva la produzione del 51% di biomasse di provenienza agricola, l'altro 49% possa essere rappresentato ad esempio da rifiuti organici urbani. Riteniamo che il comma 423, articolo 1, legge n. 266/2005, non consideri espressamente questa fattispecie, la quale però potrebbe essere consentita, anche in via interpretativa, in modo ufficiale dall'agenzia delle Entrate. L'Agenzia ricorda che la prevalenza dei prodotti propri in confronto all'ammontare complessivo dei beni impiegati, va misurata in termini quantitativi se i prodotti acquistati sono delle medesima natura, ovvero nel caso in cui non sia possibile tale raffronto, occorre verificare il costo dei beni acquistati da terzi con il valore normale dei beni prodotti in azienda. Nel caso in cui i beni prodotti non siano suscettibili di valutazione (ad esempio, i residui zootecnici) la prevalenza viene dimostrata confrontando l'energia prodotta con i prodotti propri rispetto a quella complessivamente prodotta. L'inquadramento dell'attività di produzione di energia nell'ambito dell'agricoltura ha ovviamente riflessi importanti per effetto delle particolari agevolazioni ivi previste. In primo luogo, la classificazione agricola dell'attività comporta la tassazione ai fini delle imposte dirette sulla base del reddito agrario, che si traduce in nessuna tassazione aggiuntiva, tenuto conto che il soggetto che coltiva il terreno comunque dichiara la rendita catastale. A questo riguardo, ha rilevanza la natura giuridica del soggetto che svolge la produzione di energia. Ai fini previdenziali, il titolare dell'attività mantiene la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale e i lavoratori dipendenti vengono inquadrati nell'ambito dei contributi agricoli unificati. Le fonti fotovoltaiche Anche la produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche ha natura agricola. In questo caso non è possibile quantificare la prevalenza di beni provenienti dalla azienda agricola secondo gli ordinari criteri (circolari n.44/E del 2002 e n. 44/E/2004) in quanto la luce è una risorsa che non appartiene all'impresa agricola. Tuttavia, l'agenzia Entrate ricorda che ci deve essere, comunque, una correlazione tra la produzione di energia e la conduzione del fondo agricolo. Con la circolare n. 32/E/09 vengono quindi fissati dei parametri basati sulla potenza nominale dell'impianto installato, confrontata con alcuni fattori relativi alla attività agricola svolta. Al riguardo, viene fissata una franchigia pari a 200 Kw al di sotto della quale l'energia prodotta rientra nel reddito agrario se prodotta da una impresa agricola. Per la produzione eccedente, l'attività è agricola qualora sussista almeno uno dei seguenti tre requisiti: l'energia prodotta derivi da impianti integrati architettonicamente (anche parzialmente) su strutture aziendali esistenti; il volume d'affari derivante dall'attività agricola sia prevalente rispetto al volume d'affari dell'attività di produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 Kw (a tal fine viene esclusa la tariffa incentivante); il titolare dell'impresa agricola deve coltivare almeno un ettaro di terreno per ogni 10 Kw di potenza eccedente la franchigia ed entro il limite di 1 Mw. In base alla circolare, la produzione superiore a un Mw sembra essere esclusa dalla tassazione catastale, ma non viene precisato se la tassazione a bilancio riguardi soltanto la parte eccedente. Si osserva che tale limitazione non è prevista dalla legge. I terreni coltivati possono essere di proprietà dell'imprenditore o nella sua disponibilità. Devono inoltre essere da lui condotti e ubicati nel comune ove si trova l'impianto fotovoltaico o in comuni confinanti. Tariffa incentivante La tariffa incentivante è una somma corrisposta dall'ente gestore per garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio e, quindi, equivale a un contributo in conto impianti (circolare n. 46/E del 19 luglio 2007). La circolare n. 32/E ricorda che essa non è rilevante ai fini delle imposte dirette qualora sia percepita da soggetti che naturalmente, o per opzione, determinano il reddito in base all'articolo 32 del Tuir. La tariffa è soggetta all'applicazione della ritenuta d'acconto del 4% solo se percepita da soggetti che rientrano nel reddito d'impresa, comprese le società che hanno esercitato l'opzione per la tassazione in base al reddito agrario. Quindi le società semplici e le imprese individuali non subiscono alcuna ritenuta, mentre le altre società sono soggette a ritenuta anche se hanno optato per la tassazione catastale.
(di Gian Paolo Tosoni - Fonte Il Sole24 Ore)
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