ASD e SSD: LA GESTIONE DELLA FORZA LAVORO A PROVA DI ISPEZIONE

La gestione della forza-lavoro nei sodalizi sportivi, così come in tutto il c.d. terzo settore, presenta non poche insidie legate non solo alla specialità del quadro normativo esistente, ma soprattutto alla lacunosità ed alla penuria d'interventi di prassi amministrativa. Tale contesto nonché il vuoto di chiarimenti, molto spesso lascia il campo a "prassi associative" o a "luoghi comuni" che mal si coniugano con il quadro normativo generale. Il problema non riguarda solo il famigerato art.67, co.1, lett.m) del Testo unico sulle imposte sui redditi (d'ora in avanti Tuir), ma la gestione dei rapporti impropriamente definiti di volontariato ed i conseguenti adempimenti di carattere amministrativo, previdenziale ed assicurativo. Pertanto, nel corso della seguente trattazione, oltre a passare in rassegna le varie tipologie di lavoro presenti all'interno delle associazioni/società sportive dilettantistiche (d’ora in poi asd/ssd), verranno analizzate tutte le criticità legate alla loro gestione sul versante degli adempimenti amministrativi, al fine di evitare possibili contestazioni da parte degli organi di vigilanza.

LAVORO GRATUITO
Non è infrequente che i sodalizi sportivi, nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, ovvero, ad esse complementari o accessorie, si avvalgano di prestazioni rese a titolo gratuito. La questione circa il corretto inquadramento di tali prestazioni nonché la loro gestione sul versante degli adempimenti di carattere amministrativo, potrebbe apparire pleonastica, ma in realtà non lo è, se solo si guarda la problematica dal versante dei controlli ispettivi in materia di lavoro e legislazione sociale. Gli organi di vigilanza, infatti, in sede di primo accesso ispettivo, potrebbero trovarsi di fronte ad un soggetto che svolga una prestazione astrattamente inquadrabile secondo le regole comuni di diritto del lavoro e, pertanto, meritevole di essere attenzionata. Prima di scendere nel dettaglio di tali prestazioni, occorre fare una duplice premessa.
Nel nostro ordinamento, ogni prestazione economicamente valutabile si presume a titolo oneroso. La giurisprudenza, tuttavia, da sempre riconosce (quale eccezione alla regola generale) la possibilità del lavoro gratuito quando non sottende una causa di scambio (lavoro contro retribuzione), bensì una solidaristica, ancorché non riconosciuta esplicitamente dal nostro ordinamento ma, comunque, meritevole di tutela ai sensi dell'art.1322 c.c.
Una particolare forma di lavoro gratuito è costituita dal volontariato che sottende non solo una prestazione senza corrispettivo, ma che abbia, altresì, le caratteristiche della spontaneità e personalità. L'istituto è regolato dalla Legge-quadro n.266/91 che, tuttavia, circoscrive la fruibilità di tali prestazioni solo agli enti di volontariato che perseguano le finalità solidaristiche di cui all’art.28 della medesima legge, non sempre in linea con le finalità istitutive di una ssd/asd. Altre forme di volontariato vengono riconosciute nell'art.18, L. n.383/009, in capo agli enti di promozione sociale e nell’art.2, L. n.381/9110 in favore delle cooperative sociali.

Viste le premesse, l'analisi delle prestazioni gratuite all'interno dei sodalizi sportivi non può che partire da due punti fermi:

1 Riguardo alle asd/ssd non è possibile parlare di volontariato, a meno che il sodalizio non abbia avuto accesso a quegli albi che ne riconoscano la vocazione "volontaristica" ai sensi dell’art.2 della L. n.266/91. In ogni caso la prestazione del volontario non potrà prescindere dallo status di socio e da una copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali11;

2 nonostante ciò, non può escludersi che anche in tali contesti possano sussistere delle forme di lavoro gratuite (per definizione atipiche) che sottendano degli interessi meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento, visto il valore sociale unanimemente riconosciuto all'attività sportiva. In altre parole, appare evidente come all'atipicità giuridica del lavoro gratuito fa da contrappeso la “tipicità sociale” comunemente riconosciuta a tali prestazioni, purché le stesse non abbiano delle finalità economiche, bensì di “sviluppo e promozione sociale”. Del resto, un implicito riconoscimento al lavoro gratuito all’interno dei sodalizi sportivi viene dall’art.90, co.23, L. n.289/02, secondo cui “i dipendenti pubblici possono prestare la propria attività, nell'ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche, fuori dall'orario di lavoro, purché a titolo gratuito e fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza”.

La presenza di tale finalità rende incompatibile la prestazione con qualsiasi vincolo di natura contrattuale, con la presenza, cioè, di un’obbligazione giuridicamente rilevante ad effettuare una determinata prestazione. Al di là di ogni riferimento alla volontà espressa in un documento o autocertificazione, l’indagine ispettiva dovrà indirizzarsi verso quegli elementi fattuali che rendano verosimile l’esistenza di un “animus contraendi”, quali:
la quantità e la continuità della prestazione;
l’inserimento in un’organizzazione gerarchicamente definita;
nonché la soggezione ad un potere direttivo o a turni/orari di lavoro;
il tutto valutato, eventualmente, anche in riferimento al personale assunto secondo le regole di diritto comune. Ad ogni modo, l’elemento decisivo per la valutazione della sussistenza di una prestazione “affectionis vel benevolentiae causa” rimane la gratuità della stessa. Non è incompatibile con tale concetto l’eventuale corresponsione al prestatore di rimborsi spesa c.d. a piè di lista e/o rimborsi km. Tuttavia, gli stessi dovranno rappresentare solo la restituzione di quanto il prestatore, mandato in trasferta (ovvero fuori dal territorio comunale), abbia anticipato in nome e per conto della ssd/asd. Dubbia, invece, appare la compatibilità coi rimborsi forfettizzati che, secondo il parere dello scrivente, dovranno sempre avere carattere restitutorio/ risarcitorio, e quindi teleologicamente ed economicamente legati ad un disagio da trasferta. Ad ogni buon conto, tali somme, oltre a non celare alcun compenso, ancorché di lieve entità, dovranno essere sottoposte alla disciplina prevista dall’art.67, co.1, lett.m) Tuir, godendo sì della franchigia fiscale dei 7.500 euro, ma sempre con l’obbligo di denuncia nel mod.77012.
Circa la gestione amministrativa di tali prestazioni (rese affectionis vel benevolentiae causa) occorre osservare che non abbisognano di alcuna comunicazione al Centro per l’Impiego, né della registrazione sul Libro unico del lavoro (da qui in avanti LUL). Sul punto, va dato atto di un orientamento contrario del Ministero del Lavoro13, secondo cui i rimborsi spesa (forfettizzati o km) percepiti dai pubblici dipendenti che, in forza dell’art.90, co.23, L. n.289/02, prestano a favore del sodalizio un’attività gratuita, dovranno essere registrate sul LuL, in virtù della non equiparabilità della fattispecie al volontariato.
Tale orientamento, a parere dello scrivente, pur corretto su quest’ultimo punto, non tiene in considerazione come l’obbligo di registrazione, ai sensi dell’art.39, L. n.133/08, sussista solo in presenza di rapporti di lavoro subordinato, collaborazioni coordinate e continuative (in tutte le sue forme) o associazioni in partecipazione con apporto lavorativo. Pertanto, non si comprende il motivo di tale obbligo nell’ipotesi di lavoro gratuito che, per definizione, non è inquadrabile tra le fattispecie sopra richiamate.

PRESTAZIONI SPORTIVE E COLLABORAZIONI AMMINISTRATIVE

Come noto, l’art.67, co.1, lett.m), Tuir, qualifica come “redditi diversi” i compensi derivanti da:
● prestazioni rese nell’esercizio diretto di attività sportivo-dilettantistiche;
● collaborazioni amministrativo-gestionali a favore delle ssd/asd.
Le due tipologie di prestazioni sono accomunate da un medesimo regime pubblicistico, nel senso che oltre ad essere esonerate dal prelievo fiscale fino alla soglia di 7.500 euro, non sono soggette a contributi previdenziali ed a premi assicurativi. Nell’ipotesi di importi superiori, scatterà una tassazione pari al 23%:

Il corretto inquadramento delle stesse nell’alveo dell’art.67, passa, tuttavia, per la sussistenza di tre presupposti:
1. iscrizione della ssd/asd al registro Coni, unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche;
2. l’assenza dei tratti tipici del lavoro subordinato;
3. assenza di professionalità nell’esercizio di tali attività. Tale presupposto non si riferisce tanto al contesto in cui la prestazione viene resa (se in ambito professionistico o dilettantistico-amatoriale), bensì alle caratteristiche intrinseche dell’attività svolta. La professionalità va valutata secondo criteri ontologici come l’abitualità dell’attività, ovvero, un insieme di comportamenti caratterizzati da ripetitività, stabilità e sistematicità. Non integra il concetto de quo la prevalenza dell’attività sportiva resa a favore delle Asd, rispetto ad altre eventuali occupazioni di cui sia titolare lo sportivo dilettante. Proprio l’Enpals14 chiarisce che “la professionalità ricorre anche se vi siano normali interruzioni nell’esercizio dell’attività. D’altro canto, attività professionale non significa attività esclusiva e neppure attività prevalente; la professionalità non è infatti incompatibile con il compimento di un singolo affare, in quanto lo stesso può implicare una molteplicità di atti tali da fare assumere all’attività carattere stabile. Infine, si rileva che, poiché il professionista è per definizione un soggetto che si rivolge ad una committenza indeterminata, l’esistenza di una committenza plurima, effettiva o potenziale, è certamente indice della presenza di attività professionale”. Sempre per lo stesso Istituto un ragionevole indice di non professionalità sarebbe rinvenibile nella marginalità dei compensi erogati ed il cui ammontare non dovrebbe essere superiore ai 4.500 euro. Infine, va considerata attività professionale quella che implica specifiche conoscenze tecnico-scientifiche.

Analizzati i presupposti, occorre puntualizzare che nel concetto di prestazioni sportive dilettantistiche rientrano anche quelle di natura didattica, formativa, di assistenza e di preparazione, ancorché non funzionale alla manifestazione sportiva15; per collaborazione amministrativo gestionale, invece, s’intende quella avente ad oggetto “compiti tipici di segreteria di un'associazione o società sportiva dilettantistica, quali ad esempio la raccolta delle iscrizioni, la tenuta della cassa e la tenuta della contabilità da parte di soggetti non professionisti”.

Riguardo agli adempimenti amministrativi legati alle prestazioni correttamente inquadrate nell’art.67, si osserva che il Ministero del Lavoro, con l’interpello n.22/10, ha avuto cura di precisare che nell’ipotesi in cui la prestazione venga resa nelle forme della collaborazione coordinata e continuativa, fermo restante l’esonero da tutti gli obblighi sopra indicati, l’associazione sportiva sarà tenuta comunque alla comunicazione preventiva d’assunzione al Centro per l’Impiego nonché all’iscrizione dei relativi compensi sul LUL. Il ragionamento del Ministero, sebbene condivisibile nella sua impostazione generale ed ancorché circoscritto alle prestazioni ex art.90, L. n.289/02 (quindi alle sole collaborazioni amministrativo- gestionali), abbisogna, a parere dello scrivente, di alcune precisazioni.
L’articolo 67, co.1, lett.m) Tuir, così come integrato dall’art.90, L. n.289/02, si limita a disciplinare, dal punto di vista fiscale (ed indirettamente dal punto di vista previdenziale ed assicurativo), i compensi derivanti sia da prestazioni sportive che amministrativo-gestionali. Non sarebbe immaginabile, a parere dello scrivente, un’impostazione che veda, nella predetta norma fiscale, un tentativo d’introduzione di una nuova tipologia di lavoro. Conseguentemente, quando le associazioni o le società sportive inquadrano i compensi nell’alveo del succitato art.67, nasce, comunque, l’esigenza d’inquadrare il rapporto lavorativo dal punto di vista civilistico. Su quest’ultimo versante, appare scontato che la prestazione “ex art.67” non potrà avere le caretteristiche della subordinazione, ma sarà comunque compatibile con le forme della prestazione d’opera/servizi (art.2222 c.c.) o con le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art.409 c.p.c.
In altre parole, nel momento in cui il prestatore si lega al sodalizio verso un compenso (c.d. causa di scambio) inquadrato nell’art.67 del Tuir, non si potrà non ragionare, dal punto di vista civilistico, secondo le varie tipologie contrattuali previste dall’ordinamento. In particolare, se la prestazione, sia di natura sportiva che amministrativo-gestionale, avrà le caratteristiche della continuatività e del coordinamento non potrà che farsi riferimento (dal punto di vista amministrativo e processual-civilistico) all’art.409 c.p.c.

Pertanto, una prestazione che abbia le predette caratteristiche, anche se resa non professionalmente, dovrà essere:
preventivamente comunicata al Centro per l’Impiego, in virtù dell’art.117, co.1180, L. n.296/06;
● iscritta sul LUL, ai sensi dell’art.3918, co.1, L. n.133/08.

Pertanto, una prestazione che abbia le predette caratteristiche, anche se resa non professionalmente, dovrà essere:
preventivamente comunicata al Centro per l’Impiego, in virtù dell’art.117, co.1180, L. n.296/06; ● iscritta sul LUL, ai sensi dell’art.3918, co.1, L. n.133/08.

Del resto, l’inquadrabilità di siffatte prestazioni nel cono d’ombra dell’art.409 c.p.c. sarebbe confermata dall’art.61, D.Lgs. n.276/03. Qui, il Legislatore, nell’imporre l’obbligo del progetto a tutte le collaborazioni ex art.409 c.p.c., ha sentito la necessità di esplicitare quei rapporti che, nonostante siffatto inquadramento, siano da esonerare dal predetto obbligo. Tra questi, all’art.61, co.2, vi compaiono proprio le collaborazioni rese in ambito sportivo dilettantistico. Appare, dunque, evidente che se le collaborazioni previste dall’art.67, co.1, lett.m) Tuir, non fossero nemmeno astrattamente inquadrabili nell’art.409 c.p.c., il Legislatore non avrebbe sentito l’esigenza di annoverarle tra le ipotesi esonerate dall’obbligo progettuale.

LE PRESTAZIONI RESE DAI SOCI E DAGLI AMMINISTRATORI
Parzialmente diversa è la gestione del lavoro reso dai soci della ssd/asd o dagli amministratori. Riguardo ai primi, il punto di partenza è rappresentato dalla circostanza che la prestazione lavorativa potrà essere resa sia a titolo gratuito che oneroso. Qui la gratuità troverebbe fondamento nella comunione di scopo che lega il socio al sodalizio e non in una causa di scambio. La prestazione, in altre parole, troverebbe giustificazione non più in un fine di lucro, ma nel raggiungimento dei fini istituzionali dell’ente, ovvero, nel rapporto associativo.
Nell’ipotesi, invece, in cui il socio percepisca dei compensi, quest’ultimi godranno del trattamento di favore previsto dall’art.67, co.1, lett. m) Tuir. Tuttavia, qualora gli stessi superino del 20% i salari o stipendi previsti per le medesime qualifiche dai contratti collettivi di lavoro, saranno considerati una forma indiretta di distribuzione degli utili, incompatibile con la natura “non commerciale” della ssd/asd19.
In entrambi i casi, si ritiene che tali rapporti non abbisognino della comunicazione d’assunzione al Centro per l’Impiego e della registrazione sul LuL. Lo stesso dicastero del Welfare20 ha più volte ribadito l’assenza degli obblighi sopra citati nell’ipotesi di “esecuzione di mansioni o servizi di carattere istituzionale che caratterizza i soci delle associazioni sportive dilettantistiche iscritte nelle rispettive federazioni”.
Riguardo ai secondi, va precisato come la carica di amministratore vada ricoperta, normalmente, a titolo gratuito. Ad ogni buon conto, gli eventuali compensi non rientreranno nell’ambito di applicazione dell’art.67, co.1, lett.m) Tuir. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate è stata chiara nel ribadire che:

Fermo restante la sussistenza degli obblighi contributivi secondo le regole ordinarie (versamento alla Gestione separata Inps per gli amministratori non professionisti ed alla Cassa professionale d’appartenenza per gli altri), l’obbligo assicurativo viene subordinato all'ipotesi di c.d. sovraintendenza al lavoro altrui. Sul piano degli adempimenti amministrativi, in entrambi le fattispecie, non sarà necessaria la comunicazione al Centro per l’Impiego. A diversa conclusione dovrà giungersi riguardo all’obbligo di registrazione sul LUL, inesistente solo in caso di attrazione del compenso nel reddito professionale. Diversamente, l’amministratore dovrà essere registrato solo nei mesi in cui percepisca un compenso o rimborso spese. Occorre, infine, precisare come le ssd/asd che, al di fuori dell’amministratore, non abbiano altro personale da iscrivere, non saranno neppure tenute ad istituire il Libro unico del lavoro

LE PRESTAZIONI DI DIRITTO COMUNE: lavoro occasionale di tipo accessorio
Come anticipato, anche le asd/ssd possono rivestire la qualifica di datori di lavoro secondo le norme di diritto comune, ed, in quanto tali, possono reclutare forza lavoro utilizzando le varie tipologie contrattuali (di tipo autonomo o subordinato) previste dall'ordinamento, soggiacendo all'ordinario prelievo fiscale, contributivo ed assicurativo. Visto il carattere occasionale e non professionale delle prestazioni rese in ambito sportivo dilettantistico, particolare attenzione (tra le varie tipologie di lavoro previste) merita il lavoro accessorio disciplinato dagli artt.70-73 del D.Lgs. n.276/03, così come modificati dalla L. n.92/12 (c.d. Riforma Fornero).
Procedendo con ordine, la prestazione occasionale di tipo accessorio rappresenta una forma “speciale” di lavoro, caratterizzata da un sistema di pagamento del compenso attraverso i buoni lavoro (voucher). Quest’ultimi, dal valore nominale di 10, 20 e 50 euro, oltre a contenere la retribuzione del lavoratore, includono l'importo dei contributi e dei premi assicurativi.
Mentre prima della riforma del lavoro i voucher erano utilizzabili solo per determinate attività, ovvero, solo in favore di soggetti a rischio di esclusione sociale (a prescindere dall'attività/settore), dal 18/07/12, invece, consentono lo svolgimento di qualsiasi attività ed indipendentemente dallo status del prestatore.

L'unico limite previsto dal Legislatore consiste nell'importo massimo dei voucher utilizzabili:
l'imprenditore commerciale e gli studi professionali possono usufruire delle prestazioni accessorie di un soggetto fino all'importo di 2.000 euro netti l'anno;
mentre gli altri datori di lavoro/committenti (tra cui ci sono le persone fisiche ma anche le asd/ssd) fino a 5.000 euro netti l'anno.

Si ricorda, a tal proposito, che, con la c.d. Riforma Fornero, i buoni lavoro, oltre ad essere datati e progressivamente numerati, indicheranno anche un valore orario; pertanto, al valore nominale di un buono corrisponderà un numero massimo di ore lavorabili. Tale valore potrà essere derogato solo in melius dal committente che, per la singola ora di lavoro, potrà riconoscere anche un voucher (o dei voucher) che, in teoria, coprirebbe più ore di lavoro.
La prestazione accessoria, oltre che per il pagamento mediante i buoni lavoro, si caratterizza per la semplificazione degli adempimenti connessi alla sua attivazione. L'acquisto dei voucher è possibile presso l'Inps, le Poste, le tabaccherie, le banche o attraverso una procedura on-line.
Prima dell'inizio della prestazione, il committente dovrà trasmettere al contact-center Inps/Inail una denuncia nominativa indicante la data d'inizio e fine della prestazione lavorativa. Sempre in questa fase, è opportuno che il committente si faccia rilasciare dal prestatore l'autocertificazione attestante la mancata percezione, nell'anno solare, di un numero di voucher d'importo superiore a € 5.000 in relazione alla totalità dei suoi committenti. Inoltre, la circolare n.4/13 del Ministero del Lavoro ha avuto cura di precisare che i buoni lavoro sono utilizzabili nell'arco di 30 gg. dal loro acquisto.
Una volta effettuata la prestazione, il committente consegnerà al lavoratore i voucher dovuti (previamente intestati) che quest’ultimo provvederà a cambiare presso gli sportelli postali.
Detto ciò, sul versante dei controlli, l’analisi di tali prestazioni da parte degli organi di vigilanza, non s’incentrerà, principalmente, sulle modalità concrete di esecuzione delle stesse, vista la neutralità del lavoro accessorio rispetto alla dicotomia lavoro autonomo-subordinato, ma avrà ad oggetto, in primo luogo, l’esistenza di tutti presupposti previsti dalla legge. É chiaro che l’indagine sui profili fattuali troverà nuovo slancio qualora la prestazione sia carente dei suoi presupposti legali (ad esempio: omessa trasmissione della denuncia Inps/Inail, pagamento in contanti, scadenza dei 30 gg. per l’utilizzo dei buoni, superamento del limite economico). In tali casi, infatti, l’indagine sulle modalità esecutive della prestazione non potrà venir meno, visto la necessità di riqualificare il rapporto sia ai fini previdenziali/assicurativi che sanzionatori.

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