Compensi Sportivi |
Compensi agli sportivi configurabili quali redditi diversi a condizione che siano rispettate i requisiti di cui all’articolo 67 lettera m del Tuir. Tale norma prevede che siano considerati tali quei redditi, che se non conseguiti nell’esercizio di professioni né derivanti da un rapporto di lavoro dipendente, sono «erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal Coni, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (Unire), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto». Pertanto, la configurazione nella categoria dei “redditi diversi”, non rientranti nell’ambito dell’articolo 47, comma 1, lettera c-bis del Tuir, preclude la possibilità di imporre i contributi previdenziali della gestione separata alle società e associazioni sportive dilettantistiche. Ed è in questo contesto che i percettori di compensi sportivi non sono tenuti a versare contributi previdenziali (Inps) in relazione a questo tipo di introiti. Tuttavia, numerosi sono i casi di contestazione, da parte dell’organo verificatore, del mancato versamento dei contributi previdenziali. I rilievi muovono, generalmente, dalla considerazione che qualora l’attività sportiva costituisca quella “principale”, verrebbe meno l’applicabilità del regime dei redditi diversi e, pertanto, gli importi erogati dalla società o associazione sportiva dilettantistica sono da considerare redditi principali e non redditi diversi. Invero, i redditi diversi sono l’insieme di redditi percepiti al di fuori dell’esercizio di imprese, arti o professioni e che non derivano da società commerciali o da lavoro dipendente o subordinato e non possono essere a questi ricondotti con meri ragionamenti in termini di prevalenza dell’attività o del reddito conseguito. Reddito diverso, inoltre, non significa “reddito minore” potendo rientrare in tale categoria anche proventi di rilevante entità quali quelli legati alle cessioni delle opere dell’ingegno o dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Il nostro ordinamento prevede delle categorie di reddito dalle quali discende l’applicazione di uno specifico trattamento tributario e previdenziale; non certo l’applicazione di imposte e contributi sul reddito “principale” e l’esenzione totale o parziale per i redditi di natura “residuale”. Occorre comunque considerare che le norme in materia non rispecchiano più la realtà del variegato mondo dello sport dilettantistico. La normativa di settore, e la relativa giurisprudenza, si rivelano distanti dall’interpretazione della Corte di giustizia che invece pone la distinzione tra sportivo dilettante e professionista facendo leva sulla natura economica delle operazioni (che sussisterebbe comunque in caso di prestazioni sportive a fronte di una retribuzione). Non si può prescindere dalla considerazione che vi sono soggetti, nel mondo dilettantistico, che percepiscono importi anche di ingente valore e svolgono attività lavorativa da numerosi anni senza aver maturato alcuna copertura previdenziale. Pertanto, si auspica che i decreti attuativi della legge delega per la riforma dello sport, siano occasione per superare discrasie di trattamento e per individuare la categoria del “lavoratore sportivo” senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dalla natura dell’attività e definendone le opportune tutele assicurative e previdenziali. Fonte: IlSole24ore
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